La diatriba delle regole comunali in materia di gioco
L’Organo di Giustizia di Palazzo Spada ha emesso una pronuncia – pubblicata lo scorso 30 giugno u.s. – con quale viene “ribaltato” l’orientamento giurisprudenziale degli ultimi mesi. Fino ad ora le sentenze non avevano accolto le relative istanze di sospensiva degli atti degli enti territoriali limitativi l’esercizio delle attività connesse alla commercializzazione del gioco pubblico autorizzato da ADM.
Il caso oggetto dell’appello esaminato dal Consiglio di Stato, prende le mosse da due ordinanze del 2012 (l’ordinanza n. 15 del 7 febbraio 2012 e ordinanzan. 248 dell’8 ottobre 2012 ) del sindaco di Desio (provincia di Monza e Brianza) con le quali venivano stabilite limitazioni orarie di utilizzo degli apparecchi motivate dalla necessità di “prevenire l’allarme sociale derivante dal sempre più frequente ricorso ai giochi a scommessa da parte dei più giovani”, ed evitare che “l’offerta mattutina dei servizi di gioco potesse incentivare l’evasione scolastica dei minori ed ostacolare il corretto deflusso del traffico a causa del parcheggio disordinato degli autoveicoli degli utenti. La chiusura serale, invece, sarebbe volta a tutelare la quiete pubblica, che in passato sarebbe stata turbata dagli avventori dei locali”. Il Tar Lombardia di Milano aveva dapprima sospeso e successivamente annullato con pronuncia n. 01185/2013 i provvedimenti comunali del 2012, pronuncia appellata al CdS dal Comune di Desio. L’appello proposto dal Comune è stato rigettato nel merito. La sentenza in esame individua importanti principi in materia di ordinanze sindacali:
1. La liberalizzazione in materia di orari operata dalle recenti norme statali per gli esercizi commerciali e pubblici “non preclude all’amministrazione comunale la possibilità di esercitare il proprio potere di inibizione delle attività, per comprovate esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica; tuttavia, ciò è consentito dal legislatore solo in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati quali quelli richiamati (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute), interessi che non possono considerarsi violati aprioristicamente e senza dimostrazione alcuna”. Quindi il sindaco può intervenire solo se le esigenze di tutela che intende perseguire sono concrete e comprovate. I giudici amministrativi infatti a tal proposito hanno rilevato una carenza di motivazione nelle ordinanze comunali di Desio.
2. Il potere d’intervento del sindaco nei casi in cui è previsto non è illimitato, ma “allorquando un comune ritiene di dover contrastare la lesione di specifici interessi pubblici degni di tutela, ha il potere di emanare ordinanze mirate, con effetti spaziali e temporali limitati”. Effetti cioè validi per il tempo necessario a risolvere la specifica e particolare contingenza urgente. Non possono cioè essere emanate ordinanze che intervengono a tutela immediata in certe materie, senza limitazioni temporali di validità, altrimenti con lo strumento dell’ordinanza urgente si potrebbero emanare norme a carattere più duraturo, che la legge vuole che siano adottate con il ben diverso mezzo del regolamento.
3. La decisione di un comune di intervenire in materia “dovrebbe essere il frutto di un’accurata e documentata istruttoria che mettesse in evidenza quali siano le specifiche esigenze della collettività locale che rendano necessaria la limitazione degli orari in cui è possibile offrire determinati servizi” e in pratica il comune dovrebbe dare prova della “esistenza concreta di fenomeni pregiudizievoli per la collettività, quali una particolare e documentata evasione scolastica, blocchi anomali della circolazione o turbamenti della quiete pubblica”.
Finalmente, nell’attesa della prossima pronuncia della Corte Costituzionale sul caso Rivoli, che si spera confermi l’orientamento del CDS, la sentenza dello scorso 30 giugno ha inteso ristabilire una logica di legalità nell’analisi dei provvedimenti del governo del territorio, e negli iter degli stessi.
Nelle more ed a conferma del mutato orientamento, il TAR Lombardia ha sospeso un’ordinanza del Comune di Bresso, richiamando anche il Trattato UE e la Corte di Giustizia, ma soprattutto rilevando “infondato l’assunto dell’Amministrazione secondo cui l’impugnata ordinanza sarebbe stata emessa in esito a una approfondita indagine sulla realtà sociale, tale non potendosi definire il generico richiamo, nella motivazione della deliberazione di C.C. n. 13 del 7.4.2014, ai dati dell’ASL Milano, peraltro soltanto richiamati, e non allegati, dal Comune agli atti del giudizio“.