Testamento digitale: a che punto siamo?
Parlare di testamenti, eredità e morte non è un argomento ben visto dalla maggior parte delle persone, ma vi siete mai chiesti cosa ne sarà dei vostri beni quando non ci sarete più? Chi ha un po’ di cultura giuridica, saprà che dopo la morte di un soggetto i suoi beni andranno agli eredi, sia in presenza che in assenza di un testamento, considerando che in quest’ultimo caso sarà la legge a decidere per voi.
Per eredità, si intende generalmente il patrimonio ereditario complessivamente considerato, ossia, più precisamente, il patrimonio di un singolo individuo persona fisica, che a causa della morte di quest’ultimo, passa nella titolarità giuridica di un altro soggetto in virtù di successione a causa di morte.
Ciò che però resta escluso da questo concetto, sono tutti quei beni che potremmo definire “digitali”; cosa ne sarà ad esempio di tutti quei dati raccolti su supporti fisici (come tablet, smartphone, hardisk) e online (come i servizi di cloud computing)?
Era della scorsa estate la notizia che Bruce Willis, noto attore americano, contestava ad iTunes il fatto che in caso di morte, tutta la sua libreria musicale digitale non potesse essere lasciata in eredità alle sue figlie.
Il discorso apparentemente sembra giusto, visto che i brani scaricati da iTunes vengono regolarmente acquistati e quindi, teoricamente, di proprietà dello stesso Willis; qui però il discorso era ben più complicato: trattandosi di brani musicali la Apple non contempla la possibilità di condivisione o comunque di cessione a terzi delle canzoni le quali, leggendo nei termini e nelle condizioni di uso del contratto, non divengono di proprietà di chi le acquista ma vengono concesse in uso attraverso una licenza.
Tornando però al discorso più generale, è di pochi giorni fa la notizia che Google ha finalmente preso posizione su questo delicato argomento dell’eredità digitale, creando Inactive Account Manager (gestione dell’account inattivo). Questo tool permette di programmare il destino dei profili creati per l’accesso a Google, Gmail, Blogger, Google Drive, Google+, Picasa Web Album, Google Voice e YouTube. Profili che, in caso di una precisa volontà in senso contrario, sopravviverebbero al loro titolare.
La questione sembra di scarsa rilevanza mentre non lo è: negli account sono immagazzinate una serie di informazioni personali che in caso di morte verrebbero lasciate in eterno incustodite.
Già Facebook e Twitter permettevano, attraverso apposite pagine e complicate procedure, di segnalare il profilo di una persona deceduta.
Ora, grazie a Google, è possibile fare una sorta di “testamento digitale”. Ecco come funziona: attraverso una serie di automatismi dettati dallo stesso utente, Inactive Account Manager, avvia la cancellazione non solo della propria iscrizione ai diversi servizi, ma anche dei dati raccolti online nel corso degli anni. Ad esempio si può ordinare a Google di cancellare tutti i dati raccolti sui nostri account dopo un periodo di inattività dello stesso, che può andare dai 3,6,9,12 mesi o addirittura decidere di lasciare tutto in eredità, dopo un determinato periodo, ad una persona di fiducia. Si possono indicare fino a 10 contatti da avvisare dell’inattività dell’account e identificarli eventualmente come ereditari dei propri contenuti. La società si riserverà poi di effettuare delle verifiche sia sui nomi autorizzati, sia sul profilo dell’utente. Una volta identificato l’account come “inattivo”, parte l’avviso al numero di telefono o alla mail indicata nel “testamento digitale”.
Tutto questo perché? Perché Google (ma anche a modo loro Facebook e Twitter) in questo modo proteggono la privacy e la sicurezza dei propri utenti, scrive il product manager di Google Andreas Tuerk. Il nuovo tool di Google va a colmare quel vuoto legislativo che oggi caratterizza la maggior parte dei paesi, non esistono ancora leggi ad hoc in grado di fare fronte a questo problema. Anche perché, non bisogna dimenticare, che la rete non ha confini. I servizi online utilizzati non hanno quasi mai sede in Italia; questo vale soprattutto per i social network, gli archivi digitali remoti e spesso anche i servizi email. Se non si dovesse provvedere per tempo, recuperare i dati potrebbe comportare per gli eredi costose controversie internazionali. In passato sono nati servizi privati, come Legacy Locker e SecureSafe, che danno la possibilità di sottoscrivere delle dichiarazioni sul proprio “testamento digitale”. Ma cosa potrebbe succedere della nostra “volontà testamentaria digitale” se questi servizi dovessero chiudere da un giorno all’altro? Meglio quindi prendere provvedimenti prima che sia “troppo tardi”!