Una storia senza fine?
La notizia – che non fa notizia – è che il Consiglio dei Ministri non ha impugnato la legge del Molise sul gioco. Questa prevede che sale e spazi da gioco con vincite in denaro nei comuni molisani dovranno essere distanti almeno 500 metri dalle aree ritenute “sensibili”, quali scuole, chiese, banche e centri di aggregazione. Per gli esercizi che violeranno le disposizioni della legge sono previste sanzioni amministrative da 5mila a 10mila euro e il sigillo degli apparecchi da gioco. La Legge Regionale molisana prevede anche un supporto per gli esercizi che rimuovono le slot machine. Infine, attraverso uno stanziamento di 800mila euro in tre anni, saranno attivate campagne di sensibilizzazione e contrasto alla ludopatia.
Da quella ligure e lombarda in poi, tutte le regioni stanno adottando con modalità “copia incolla” le stesse misure, che colpiscono soltanto il gioco legale nel nostro Paese. L’errore è stato fatto all’inizio: con atto a nostro parere dovuto, e certo di coscienza, i governi antecedenti a quello di Renzi avrebbero dovuto impugnare quelle leggi regionali che hanno normato in materia di gioco. Sottoporre a censura le prime leggi regionali sarebbe stato comunque un monito per tutti gli addetti ai lavori – a prescindere dall’esito del giudizio – e l’industria sana del gioco si sarebbe sentita più tutelata. E invece da qualche anno a questa parte stiamo assistendo a questa farsa: la maggior parte dei governatori e dei sindaci italiani – a prescindere dal credo politico – si emula a vicenda emettendo leggi e regolamenti che contengono solo dei proclami, perché atti giuridicamente illegittimi in quanto difettano per la quasi totalità di un’istruttoria valida, uno dei fondamenti del procedimento amministrativo.
Il governo non impugna la Legge regionale del Molise, e non trova il coraggio di dettare la linea in conferenza stato regioni, il coraggio di decidere. Si rischia l’ennesima procedura di infrazione alla UE, per non parlare di perdita di credibilità, oramai sotto i tacchi, del nostro Paese.
E invero, la legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 936) ha disposto che in sede di Conferenza unificata siano definite: a) le caratteristiche dei punti vendita ove si raccoglie gioco pubblico; b) i criteri per la distribuzione e concentrazione territoriale dei punti vendita ove si raccoglie gioco pubblico. La finalità delle relative scelte è quella “di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età”. In adempimento a quanto previsto dalla normativa primaria, la Conferenza unificata, lo scorso maggio avviava il confronto sulla regolazione del settore dei giochi. Dopo una lunga serie di incontri, verifiche ed approfondimenti, anche tenendo conto di quanto prospettato dagli Enti locali, dalla Commissione antimafia e da quanto recepito in mozioni parlamentari, la Conferenza all’inizio della scorsa settimana proponeva una serie di misure con il fine di realizzare una forte riduzione dell’offerta attraverso una contrazione e concentrazione dei punti vendita e un innalzamento dei loro standard qualitativi in un’ottica di contrasto al gioco d’azzardo patologico.
La distribuzione oraria nell’arco della giornata andrebbe definita in una prospettiva il più omogenea possibile sul territorio nazionale, anche ai fini del futuro monitoraggio telematico del rispetto dei limiti che verranno definiti.
Offrire l’opportunità agli Enti locali, ferma restando la pianificazione che deriverà dall’intesa, di far fronte adeguatamente e con prontezza – d’intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ed i preposti Organi di Magistratura, Polizia e Guardia di Finanza – a situazioni emergenziali di pericolosità sociale del diffondersi di illegalità e disagio connessi al gioco, anche in deroga alle disposizioni previste dall’intesa.
Sicuramente sono tutte misure, che potrebbero avere una loro logica e in quanto tali essere condivise. Si pensi soprattutto al fatto che le eventuali fasce orarie siano rese omogenee in tutto il territorio nazionale, potrebbe essere una misura intelligente per evitare il c.d. effetto a macchia di leopardo.
C’è però un passaggio che non può essere condiviso: comprimere l’offerta del gioco legale oltre misura non è una soluzione. Significa alimentare il mercato illegale e tornare alle slot scollegate ed al c.d. toto nero. L’accordo Stato Regioni in una situazione politica di incertezza rischia di non essere mai raggiunto. Vedremo se almeno un governo eletto avrà il coraggio di prendere le redini e predisporre una normativa omogenea che salvaguardi gli interessi delle parti in causa. E speriamo che nel frattempo non si commettano atti irreparabili.