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Arriva il danno erariale

In attesa del nuovo anno arrivano le prime reazioni contro la politica proibizionista dei governi del territorio. Alcune associazioni di categoria avrebbero di recente presentato un esposto alla Corte dei Conti, lamentando che i regolamenti comunali causerebbero una diminuzione delle entrate erariali derivanti dalla tassazione del gioco legale, pari ad 2,5 miliardi di euro l’anno a livello nazionale.

Gli amministratori – a detta degli istanti – stanno intervenendo su una materia su cui non hanno competenze, causando un calo del fatturato con la flessione del 20-30% nella vendita di tutti i giochi, e ciò nonostante gli operatori siano concessionari dello Stato, che commercializzano gioco pubblico in forza dello schema accessivo della concessione che hanno sottoscritto con ADM. Il gioco – spesso ci si dimentica di questo aspetto a dir poco rilevante – è infatti riservato allo Stato che ha stabilito di darlo in concessione a soggetti terzi, che per tale attività garantiscono entrate allo Stato.

Il primo destinatario dell’esposto sarebbe il sindaco di Bergamo, che a giugno ha approvato un’ordinanza “per contrastare fenomeni patologici connessi al gioco compulsivo“. Il danno causato dalle nuove disposizioni sarebbe di 7,6 milioni di euro l’anno nel solo comune di Bergamo: si pensi, quindi, quanto danno cumulano altri importanti centri urbani e metropolitani che non sono voluti rimanere indietro sul proibizionismo. Vale la pena far presente che il danno erariale e il suo fautore (l’illecito contabile) non hanno ancora un’inquadratura definitiva. Secondo alcuni l’illecito contabile, nella sua struttura essenziale, produce un danno erariale inteso come pregiudizio di risorse oggettivamente pubbliche, integrando così una fattispecie simile a quella che la dottrina penalistica descrive come reato d’evento. Qui il legislatore prende di mira l’evento finale della condotta. L’accento non è sul comportamento, ma sulle conseguenze che ne sono derivate.

Secondo un altro orientamento il danno erariale assolvendo la duplice funzione riparatoria e sanzionatoria, atteso che la condanna al risarcimento tende a reintegrare il patrimonio pubblico e parimenti a scoraggiare tale tipo di comportamenti (funzione di deterrenza), potrebbe essere avvicinato invece all’illecito civile così come rappresentato dalla dottrina più avanzata. Con riferimento, infine, all’ipotesi d’illecito amministrativo, mentre con quest’ultimo del danno al terzo privato risponde l’amministrazione quale apparato, in quello contabile, invece, il danno erariale è cagionato ad un soggetto pubblico e ne risponde personalmente il funzionario che con il suo comportamento l’abbia determinato.

Sicuramente sono tutti orientamenti dottrinali condivisibili, ma a parere di chi scrive sicuramente il quid medium tra l’illecito civile (ex art. 2043 cc) e illecito amministrativo potrebbe essere un’ottima soluzione in questo scenario ingovernabile, dove il buon senso è stato inequivocabilmente spiazzato da logiche egoistiche prive soprattutto di dati  scientifici e di istruttoria (per richiamare alla memoria un precedente giurisprudenziale, i detenuti di Mantova – con tutto il rispetto di coloro che sono costretti a vivere nelle case circondariali- non possono essere invocati come cittadini tipo e tacciati di ludopatia). Del resto non sarebbe la prima volta, qualora venisse accertato il danno erariale in capo al Primo Cittadino di Bergamo, che un sindaco e la sua giunta siano per questo condannati o quanto meno incriminati.

Si rammenta a tal proposito che a seguito di una notizia apparsa sui giornali nei primi giorni dello scorso ottobre, il Comando provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, nell’ambito di indagini delegate dalla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Campania, avrebbe accertato un danno di oltre 3 milioni di euro all’Erario in relazione al mancato raggiungimento di apprezzabili risultati nel conseguimento degli obiettivi di legge in termini di raccolta differenziata da parte degli Amministratori e dei Dirigenti del Comune di Giugliano in Campania nel periodo 2006-2013. Le indagini condotte dal Gruppo di Giugliano in Campania, avrebbero ricostruito che a partire dal 2006, le attività poste in essere dal citato Ente attraverso l’adozione di vari piani integrati di raccolta dei rifiuti solidi urbani ed assimilati, non hanno mai raggiunto risultati apprezzabili. Gli obiettivi obbligatori in termini percentuali di raccolta differenziata, rispetto ai rifiuti prodotti, sanciti con il D. Lgs n. 152 del 2006, prevedevano infatti il raggiungimento di almeno il 35% per il 2006, il 45% entro il 2008 ed il 65% entro il 2012. La normativa stabiliva per i Comuni che non raggiungevano gli obiettivi fissati, una maggiorazione sullo smaltimento per ogni chilogrammo di rifiuto indifferenziato prodotto, maggiorazione che è stata applicata dal 2006 al 2008.  Veniva quindi accertato che il Comune di Giugliano, nel periodo 2006-2013, aveva raggiunto una percentuale di raccolta differenziata del tutto irrisoria, prossima allo zero. Ciò ha comportato un duplice danno erariale per il Comune derivante sia dalla maggiorazione sullo smaltimento, sia dal mancato introito dei ricavi conseguente all’applicazione della riduzione di legge.

Di certo lo smaltimento dei rifiuti incide sulla salute. Orbene, immaginando di applicare lo stesso iter logico alle normative comunali sul gioco, in totale assenza di dati sia iniziali che di riferimento, come si può rappresentare il raggiungimento di obiettivi che dovrebbero giustificare la compressione dell’attività di incaricati pubblici (concessionari e per essi gestori ed esercenti), compressione che produce invece un dato certo, e cioè una rilevante riduzione di entrate erariali?

Infine, una domanda sorge spontanea: se in Campania non si è attenti ad un settore così importante come lo smaltimento dei rifiuti, come mai ci si concentra sul settore dei giochi in maniera così puntuale e... imprecisa?

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