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I CTD e la rete Bersani

A discutere nuovamente sull’attività svolta dai c.d. CTD ci porta un’ordinanza del Tribunale Distrettuale della Libertà di Bologna che, chiamato a rispondere sull’istanza di riesame presentata da alcuni affiliati di un bookmaker estero avverso il decreto del 23 maggio 2008 con il quale il P. M. del Tribunale di Bologna aveva disposto il sequestro “per la contestata violazione degli artt. 4, commi 1 e 4 bis L. 13 dicembre 1898 n. 401 nonché 4, comma 3, della medesima legge”, ha annullato il menzionato decreto in quanto "difetta per le considerazioni esposte il fumus necessario a supportare il provvedimento impugnato, che deve essere pertanto annullato, con conseguenze restituzione agli aventi diritto di quanto appreso in forza di verbale (del) 27 maggio 2008, non ostandovi alcun divieto ex art. 324, settimo comma c. p.p.".

Il Tribunale della Libertà bolognese, ritenendosi in linea con una certa giurisprudenza di legittimità, sostiene che: “(…..) risulta in sostanza che anche nel modificato panorama derivante dall’introduzione del c. d. decreto Bersani la legislazione, che a tutt’oggi vieta l’organizzazione e la gestione di scommesse su competizioni sportive senza la prescritta autorizzazione rilasciata dallo Stato (o, in sua vece, dal concessionario in esclusiva, CONI) cui deve necessariamente accedere l’autorizzazione o licenza di pubblica sicurezza di cui all’art. 88 T. U.L. P.(S.), contrasta con la normativa europea in tema di diritto di stabilimento, la libertà di prestazione di servizi all’interno della Comunità, e la più volta affermata possibilità di imporre limiti e restrizioni soltanto in ragione di motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. Nel caso che occupa, infatti, ben può affermarsi che detta legislazione abbia creato, nei riguardi delle società per conto della quale gli odierni ricorrenti operano, limitazioni e pregiudizi non rispondenti alle finalità enunciate “.

Quindi secondo l’intraprendente giudice bolognese, l’intervento del legislatore del 2006 (decreto Bersani) non ha garantito ed attuato il regime concorrenziale auspicato dalla Corte di Giustizia Europea con la nota sentenza c. d. Placanica. Ma la fantasia processuale si spinge oltre: AAMS, attraverso la gara ad evidenza pubblica indetta nell’agosto 2006 nell’ambito delle proprie competenze, avrebbe operato in maniera illegittima, ed è per questo che il regime concessorio ed autorizzatorio dell’organizzazione del gioco pubblico non appare più significativo, e di conseguenza anche le condotte penali, previste e contemplate dalla legge n. 401/89, “vengono ad essere prive dei loro presupposti e le condotte materiali non corrispondono più ad alcuna fattispecie legale”.
Orbene, vale ricordare che il Tribunale del Riesame deve valutare se esistono i presupposti per mantenere il provvedimento cautelare – nel caso di specie il sequestro – tanto che provvede con ordinanza e non con sentenza. Il merito del giudizio penale resta al giudice ordinario, che potrà decidere prescindendo da quanto disposto dal Riesame in sede cautelare. Potrà quindi condannare, o magari assolvere. Di certo si atterrà a giudicare l’imputato, e non soggetti terzi che risultano estranei al procedimento.

Diremmo ai lettori meno avvezzi al linguaggio giuridico, che il Tribunale del Riesame è andato fuori tema, con il sospetto che abbia adottato pedissequamente argomentazioni di parte tutte da valutare, forzandole in una sede impropria. Un giudice penale del Riesame che valuta illegittima la condotta di una amministrazione pubblica, per annullare un decreto di sequestro cautelare, sembra poi un monstre giuridico e giurisdizionale. Qui invece che alla separazione delle carriere, siamo al minestrone delle competenze, al volo pindarico del diritto. Gli effetti però, ben divulgati da media che badano all’effetto più che alla sostanza – e di certo poco valutati da quel giudicante – possono essere devastanti, anche per quegli stessi soggetti che come gli imputati del processo di Bologna, dovessero ritenere di poter liberamente intraprendere la raccolta di gioco senza conseguenze. Ma forse il giudice del Tribunale della Libertà, in sede del riesame della misura cautelare, ha potuto prendere atto soltanto delle difese degli imputati. Non c’è stato un vero e proprio contraddittorio che, seppur non proprio del processo penale, la parte offesa e la parte civile potrebbero instaurare.

In una vicenda come questa, complessa e commista di aspetti amministrativi e civilistici, dove il giudice penale mal si orienta, spesso non percependone i pericoli, si auspica che un contraddittorio vi sia sempre, almeno fin tanto che i Tribunali penali non abbiano preso piena coscienza di questa particolare problematica.

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